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brano
 
Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), IX, 40
 
originale
 
40. Sed ubi nullis precibus mitigari militem magisque in suam perniciem advertit efferari iamque inversa vite de vastiore nodulo cerebrum suum diffindere, currit ad extrema subsidia simulansque sese ad commovendam miserationem genua evis velle contigere, summissus atque incurvatus, arreptis eius utrisque pedibus sublimem terrae graviter adplodit et statim qua pugnis qua cubitis qua morsibus, etiam de via lapide correpto, totam faciem manusque eius et latera converberat. Nec ille, ut primum humi supinatus est, vel repugnare vel omnino munire se potuit, sed plane identidem comminabatur, si surrexisset, sese concisurum eum machaera sua frustatim. Quo sermone eius commonefactus hortulanus eripit ei spatham eaque longissime abiecta rursum saevioribus eum plagis adgreditur. Nec ille prostratus et praeventus vulneribus reperire saluti quiens subsidium, quod solum restabat, simulat sese mortuum. Tunc spatham illam secum asportans hortulanus inscenso me concito gradu recta festinat ad civitatem nec hortulum suum saltem curans invisere ad quempiam sibi devertit familiarem. Cunctisque narratis deprecatur, periclitanti sibi ferret auxilium seque cum suo sibi asino tantisper occultaret, quoad celatus spatio bidui triduive capitalem causam evaderet. Nec oblitus ille veteris amicitiae prompte suscipit, meque per scalas complicitis pedibus in superius cenaculum adtracto hortulanus deorsus in ipsa tabernula derepit in quandam cistulam et supergesto delitiscit orificio.
 
traduzione
 
Ma quando s'accorse che le sue preghiere anzich? convincere il soldato lo irritavano di pi?, al punto che questi, girato il bastone dalla parte pi? grossa stava l? l? per spaccargli la testa, ricorse a un estremo rimedio: fingendo di allacciargli le ginocchia per implorare piet?, si chin? in avanti, lo afferr? per le gambe e sollevatolo di peso, lo sbatt? pesantemente a terra; poi con pugni, gomitate, morsi, perfino con una pietra che riusc? ad afferrare dalla strada, gli pest? ben bene la faccia, i fianchi, le mani. L'altro, riverso per terra, non riusciva a difendersi n? a reagire, eppure continuava a minacciare che lo avrebbe fatto a pezzi con la spada appena si fosse rialzato. L'ortolano, allora, a scanso di un simile rischio, via la spada il pi? lontano possibile e gi? a infittire i colpi! Completamente distrutto, coperto di ferite, non trovando altro scampo, il soldato ricorse all'unico mezzo che gli restava: fece finta di essere morto. Allora l'ortolano, prendendo con s? la spada, mi salt? in groppa e mi fece trottare lesto lesto verso la citt? e, senza nemmeno fermarsi un momento nel suo orticello, corse difilato da un suo amico, e dopo avergli raccontato tutto l'accaduto, lo preg? di aiutarlo in un simile frangente, di tenerlo nascosto, insieme con l'asino, per qualche tempo, per due o tre giorni almeno, il tanto che bastasse per evitargli un processo e una condanna capitale. E l'amico, memore dell'antica amicizia, senza esitare, gli dette asilo: con le zampe strette nelle pastoie, io fui issato su per una scala in una stanza al piano superiore, l'ortolano scomparve dentro una cesta gi? in bottega e si tir? sul capo il coperchio.
 

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